"I Campioni non nascono in palestra, si costruiscono dall'interno, partendo da qualcosa cha hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione. Devono avere abilità e volontà. Ma la volontà deve essere più forte dell'abilità." Mohammad Alì.
lunedì 18 febbraio 2013
domenica 17 febbraio 2013
MASTE FINALE DEL "RODEO NAZIONALE" CON TUTTI I RISULTATI...
"MASTER FINALE" TUTTI I RISULTATI..
Sulla sinistra il vincitore del Master "RODEO NAZIONALE"
Piccioni riccardo, che sconfigge in Finale 42/24/41 Contessa Marzio...
martedì 5 febbraio 2013
“PAPÀ, VORREI ESSERE COME FEDERER”...
"I ragazzi devono essere felici e divertirsi giocando a tennis". Fabio Moscatelli, Vice Presidente della FIT in Umbria e Maestro al Tennis Club di Terni, ci racconta come crescere le speranze del futuro: "Come Maestro posso insegnare a giocare a tennis, ma non ad essere Federer"
Intervista di: Emiliano Severoni...
Tennis – Terni. Il futuro del tennis italiano passa
anche sui campi in terra rossa e in erba della verde Umbria: Fabio
Moscatelli, Vicepresidente della FIT in Umbria e Maestro di tennis con
un’esperienza di oltre trent’anni, ne è uno dei protagonisti. Nello
specifico opera al Tennis Club Terni, una solida realtà
che esiste dal 1975. Fabio è stato per dieci anni responsabile
nazionale dell’AICS Tennis e responsabile della commissione tecnica
internazionale dello CSIT.
Forte della convinzione che il futuro lo si prepari oggi, nel tennis
come nella vita, Fabio Moscatelli nel corso dei suoi 32 anni di attività
come Maestro di Tennis Club, ha seguito molte giovani promesse. Ma cosa
fa sì che promettenti giocatori si trasformino in campioni oppure che
finiscano per appendere la racchetta al chiodo? Quanto pesa il carattere
del bambino, rispetto all’impegno dei genitori? Oppure quanto contano
le scelte del Maestro, rispetto al talento ancora inespresso? Nel corso
della nostra intervista con Fabio Moscatelli cercheremo di scoprirlo,
carpendo i segreti di tanti anni di attività.
D: Fabio, trentadue anni sono un grandissimo bagaglio di esperienza.
Fabio Moscatelli: “Possiamo dire che io sono il classico prodotto
“di gavetta”. Ho iniziato nel 1981 come quarto maestro, ovvero colui
che giocava con tutti e alla fine raccoglieva le palle e ripuliva i
campi. Col tempo ed il lavoro, ascoltando e recependo l’esperienza di
alcuni Maestri molto importanti, sono cresciuto fino a diventare il
direttore della Scuola, comprendendo che questo mestiere non si limita
al solo insegnamento del dritto e del rovescio ma che ha una complessità
più vasta”.
D: In cosa consiste principalmente il tuo lavoro qui al Tennis Club Terni, a parte l’insegnamento sul campo?
Fabio Moscatelli: “A 52 anni per ovvi motivi si diventa meno
scattanti sul piano fisico. Ma la mente funziona meglio, l’impegno
agonistico diminuisce e inevitabilmente il tuo lavoro inizia a
somigliare un po’ a quello di un direttore d’albergo. Bisogna gestire e
coordinare tutte le attività del Circolo che consistono nell’allenamento
di giocatori di svariate fasce d’età e categorie, dal classificato 2.4
che a 32 anni vuole mantenere la sua posizione al bambino di 8 anni che
comincia la propria avventura nel tennis. La nostra è una Scuola molto
improntata sull’attività agonistica e negli anni ha prodotto risultati
piuttosto buoni.
D: Qual è il tuo approccio nell’insegnamento del tennis ai bambini?
Fabio Moscatelli: “Prima di ogni altra cosa, i ragazzi devono
essere felici, devono giocare e divertirsi. Dobbiamo tenere conto del
fatto che la società è molto cambiata rispetto a quando ho iniziato
questo lavoro, di conseguenza sono cambiati i ragazzi. Le loro capacità
cognitive sono assai diverse da quelle di un bambino nato, ad esempio,
negli anni ottanta. Oggi dispongono di una quantità incredibile di
informazioni che vengono dalla modernità e dai nuovi mezzi di
comunicazione. I messaggi arrivano più veloci, più diretti e più chiari e
le loro capacità potenziali sono maggiori. Per contro, credo che in
questi ultimi anni sia venuto a mancare uno degli aspetti determinanti
nella formazione di un giovane ragazzo, quella che possiamo chiamare la
“strada”, ovvero tutte le attività motorie non catalogate in contesti
sportivi che consentivano ai ragazzi di acquisire autonomamente capacità
a livello di coordinazione (destrezza, agilità). Mi riferisco al
semplice giocare a calcio sotto casa o a qualcosa di molto più semplice
come la “campana” dei miei tempi, attività che permettevano ai bambini
anche di socializzare. Oggi si comincia col nuoto, che in pratica è
l’unica attività sportiva della fascia pre-scolare, perché i genitori
cercano da subito di inserire i propri figli in un contesto sportivo.
Questa può essere un’arma a doppio taglio: da una parte canalizza il
bambino verso una particolare disciplina sportiva ma dall’altra toglie
un po’ di fantasia e forse un po’ di romanticismo che la “strada” dava.
All’inizio l’attività è di carattere educativo: bisogna far innamorare i
ragazzi, fargli amare il tennis. Non si può parlare di tecnica ad un
bambino di quattro o cinque anni, sarebbe prematuro, in particolar modo
in questo che è uno sport dai tempi lunghissimi, in cui la crescita va
di pari passo con l’acquisizione della maturità mentale. Il concetto di
precocità, se preso alla leggera, può danneggiare sia il bambino che lo
sport stesso. Oggi, contrariamente ad anni fa, noi insegnanti siamo
dotati di metodologie e supporti didattici che ci consentono di fare in
modo che i bambini non si annoino ed è questo lo scopo principale. Non
possiamo caricare dei bambini così giovani di eccessive responsabilità:
prima devono giocare e poi, crescendo, possono apprendere in maniera
diversa e capire che lo sport è una cosa seria. La sua etica dice che
bisogna vincere ma non a tutti i costi, che uscire sconfitti dopo aver
messo tutto l’impegno possibile è anche esso una vittoria”.
D: Anche perché il tennis è essenzialmente uno sport mentale.
Fabio Moscatelli: “Certo. E’ uno sport individuale in cui si
perde e si vince da soli e, prima che contro l’avversario, contro se
stessi. Non c’è un contatto con l’avversario, di nessun genere. Tutta la
corrente elettrica passa attraverso una pallina che va da una parte
all’altra del campo. Per natura, una cosa fatta da soli è molto più
difficile di una fatta in un ambito di squadra. I ragazzi quindi vanno
allenati non solo dal punto di vista fisico e tecnico, ma soprattutto da
quello mentale. Bisogna educarli alla sconfitta prima ancora che alla
vittoria perché il tennis è uno sport dove il pareggio non esiste. Poi,
ovviamente, ci sono il carattere e il cuore ed anche quelli devono
essere altrettanto allenati. Insomma, la crescita del giocatore va di
pari passo con quella dell’individuo. Capire come il bambino vive, cosa
mangia la mattina, quale sia il suo colore preferito: sono tutti esempi,
che apparentemente esulano dallo sport, ma importantissimi e che
servono a comprendere che persona è il ragazzo, facilitando enormemente
il lavoro didattico ed il rapporto con lui. Io non credo ai “Dr. Jekyll e
Mr. Hyde” nel tennis: quello che sei nella vita sei anche in campo”.
lunedì 4 febbraio 2013
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